La regista Francesca Molteni racconta “Green Over Gray”, il documentario su Emilio Ambasz che apre il Milano Design Film Festival

anteprima mondiale La regista Francesca Molteni racconta “Green Over Gray”, il documentario su Emilio Ambasz che apre il Milano Design Film Festival 1

in una foto di scena del documentario Green Over Gray 

Era un sostenitore dell’architettura verde molto prima che diventasse una tendenza; ha messo in luce il a livello internazionale, curando cinquant’anni fa la mostra newyorkese The New Domestic Landscape; è autore di significative incursioni nel settore del design industriale, rivendicando numerosi brevetti meccanici, come Vertebra, una delle prime sedie da ufficio ergonomiche. Molti avranno già compreso che stiamo parlando di Emilio Ambasz, un pioniere dell’architettura sostenibile, tra i massimi esperti del design e dell’architettura a livello mondiale.

Premi, onorificenze, interviste e diversi libri ci hanno aiutato a comprendere meglio questo progettista visionario. Ma oggi esiste un altro modo per approfondire ulteriormente la conoscenza di questa figura significativa. Potrà sembrare sorprendente, ma fino ad ora non era stato realizzato alcun documentario sull’architetto e designer argentino. A colmare questa lacuna ci pensano Mattia Colombo e Francesca , che dirigono Green Over Gray (produzione Muse Factory of Projects – 55’50”), selezionato come film inaugurale della XI edizione del Design Film Festival (6 marzo, ore 20, Anteo Palazzo del Cinema).

Questa pellicola è significativa anche perché ci offre un Emilio Ambasz inedito e più personale, una narrazione delicata data la sua nota riservatezza. «Non si vede praticamente mai», ci racconta la regista Francesca Molteni. È stato quindi complesso collaborare con lui? «Al contrario, è stato fantastico. È vero, non è un uomo semplice: non ama esporsi, non cerca la fama e pertanto è molto enigmatico riguardo alla sua vita. È stato un avvicinamento graduale che alla fine ci ha permesso di conoscere una persona con un’intelligenza e un’ironia rarissime».
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Francesca Molteni cura mostre di design, produce e dirige format televisivi, documentari, video e installazioni. Firma la regia di Green Over Gray insieme a Mattia Colombo 

È proprio la sua voce ad aprire il film: «Sono nato nel Chaco, una provincia subtropicale dell’Argentina. Quando avevo sette anni, i miei genitori si trasferirono a Buenos Aires. La mia stanza, al primo piano di un nuovo condominio, si affacciava direttamente sui rami di un albero che si trovava sulla strada. Con il mio letto accostato alla finestra, era come se abitassi in una casa sugli alberi». Una scelta che dimostra immediatamente quanto la natura abbia influito profondamente sulla sua vita, tanto da portarlo a realizzare progetti diventati ormai un riferimento e fonte d’ispirazione. «Nel documentario esaminiamo quattro opere architettoniche diverse per tipologia», spiega la regista «La Casa de Retiro Espiritual a Siviglia (1975, Spagna – ndr), racconta un contesto domestico; il Lucille Halsell Conservatory, all’interno del giardino botanico di San Antonio (1982, Texas, – ndr). Poi c’è l’Acros Building a Fukuoka (1990, Giappone – ndr), il suo lavoro più noto al mondo, una vera e propria foresta visitabile che restituisce la stessa quantità di suolo sottratto alla città per costruire l’edificio. Infine, l’Ospedale dell’Angelo di Mestre (2008, Italia – ndr), un progetto progettato in modo tale che ogni stanza possa godere di una vista sul verde. È scientificamente provato, come sottolinea Stefano Mancuso nel documentario, che i pazienti che riescono a trascorrere del tempo immersi nella natura guariscono più rapidamente, anche in ospedale».
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Il giardino Botanico di San Antonio, in Texas, al cui interno sorge il Lucille Halsell Conservatory 

Oltre al botanico e saggista, Mattia Colombo e Francesca Molteni hanno intervistato gli architetti Tadao Ando, Kengo Kuma, Toyo Ito, James Wines, Tase Michio e Fulvio Irace, storico dell’architettura che tra l’altro ha curato il concept di Green Over Gray.

Non solo parole: «Abbiamo recuperato in un magazzino alcuni modelli dei suoi edifici e li abbiamo portati in un teatro di posa a Milano per riprenderli con luci particolari che hanno simulato l’effetto del passare della luce durante il giorno. Visitando di persona gran parte di queste strutture, ci siamo accorti che cambiano notevolmente a seconda dell’ora. E lo stesso abbiamo voluto fare con questi plastici».
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I giardinieri che lavorano all’Ospedale dell’Angelo di Mestre 

Il progetto vi ha condotto in tutto il mondo. C’è un aneddoto particolare da condividere? «A marzo dello scorso anno siamo stati in Texas e ci siamo imbattuti in una sorta di tempesta tropicale, un segnale come a voler sottolineare l’importanza del tema del cambiamento climatico. Ne ho un secondo: ci siamo resi conto che è diventato anche un film sui giardinieri. Con il loro importante lavoro, sono diventati i protagonisti inaspettati del nostro documentario».

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