L’ultracorpo di Gaetano Pesce

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Una delle ultime immagini di al lavoro, nel suo laboratorio newyorkese di Navy Yard (foto Lía Rivera-Flaviá)

 

ispirandosi al corpo umano, che è sia ossessione che matrice di ogni concetto

La posizione è prona. A quattro zampe, con il capo leggermente inclinato verso il suolo. È L’uomo stanco, la monumentale installazione di Gaetano Pesce per la Settimana del design, situata in piazza Pio XI, davanti all’Ambrosiana, composta da un’armatura in acciaio rivestita di polistirolo e vetroresina. Questa è l’ultima creazione del maestro, scomparso il 4 aprile scorso: un testamento, in un certo senso profetico, che si unisce idealmente alla Maestà sofferente, l’altra gigantesca installazione di Pesce ispirata alla poltrona Up e presentata – sempre a – in Piazza Duomo durante il Salone del mobile 2019. Lì Pesce denunciava le sofferenze e le ingiustizie che affliggono le donne nel mondo; qui, invece, si sforza di dar forma e visibilità alla crisi del cosiddetto sesso forte, alla sua graduale perdita di controllo e al suo lento, ma crescente, esaurirsi di energie. Etiche, prima ancora che fisiche. La postura della gigantesca figura (8 metri per 13…) è emblematicamente significativa: comunica sottomissione, rassegnazione, umiliazione. Silenzio. «È un uomo accovacciato – ci ha scritto Pesce pochi giorni prima della sua scomparsa – quello che ho voluto rappresentare. Un uomo che non emette più segnali. La stanchezza – ha aggiunto – colpisce in particolare gli uomini di potere: schiacciati dal peso e dalle fatiche del passato, mi sembrano esausti e impotenti di fronte al presente, credono che tutto sia ormai già compiuto. In realtà, l’umanità è come il tempo: necessita di essere costantemente alimentata, cosa che mi pare oggi manchi».

Visionario fino alla fine, capace ancora una volta di anticipare gli altri e di vedere con chiarezza. La Maestà sofferente mostrava morbide convessità o concavità, era una poltrona-grembo simbolicamente colpita da 400 frecce. L’uomo stanco è invece una giustapposizione di linee rette, rigide, in grado di spezzarsi ma non di piegarsi o curvarsi. Il maschile, per Pesce, è sempre stato rigido, monolitico, dogmatico, normativo; al contrario, il femminile rappresenta una garanzia di pluralismo, flessibilità, disponibilità.
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Dettaglio della sedia creata per la mostra Nice to See You

 
Era stanco anche lui, il Maestro? Osservando l’altro progetto con cui Pesce è presente a Milano (la mostra monografica Nice to See You, alla Veneranda Biblioteca , fino al 23 aprile) si potrebbe dire proprio di no: una trentina di opere, per lo più inedite, scelte non solo per il loro valore funzionale, ma anche per la loro capacità di suscitare domande, far nascere dubbi e stimolare la riflessione. Si va dal Divano per massaggi (composto nella parte verticale dello schienale da un torso di uomo molto muscoloso, e nella parte orizzontale dalla forma di un corpo disteso pronto per essere massaggiato) al Vaso più indispensabile (un grande contenitore rossastro che ha la forma del ventre materno). Considerando l’insieme, Nice to See You è un trionfo di colori, forme e materiali: ancora una volta Pesce sperimenta, ingrandisce, ibrida, contamina.
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Gaetana Lamp XL, particolare della forma organica plasmata durante il processo di catalizzazione 

 
Progetta appendiabiti in resina trasparente dai colori vivaci, lampade dalle forme organiche, e soprattutto oggetti che richiamano il corpo umano e le sue parti: una mano, un guanto, un vaso, un occhio, un viso. Ma poi è tutto un correre di vasi sanguigni in resina rossastra, di nervi e arterie, di escrescenze e di orifizi. Il corpo è l’ossessione ricorrente, la matrice di ogni idea, il modello imprescindibile di un progetto che mira a portare il design ben oltre i tradizionali confini della disciplina, per farlo dialogare alla pari non solo con l’arte, ma anche con la politica e l’etica.
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Il Pugno (Si è dischiuso…). Due mani fuori scala, legate da una catena, rappresentano la condizione di un prigioniero

 
Non si può essere stanchi, per portare avanti un progetto simile. E Gaetano Pesce non lo era affatto: a 84 anni, fino all’ultimo giorno, conservava ancora l’energia creativa di un trentenne. «Il mio ricercare – sono le ultime parole che ci ha scritto – produce in me una sorta di continua eccitazione intellettuale».
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Trono realizzato con la resina del profumato Frankincense 

 
L’uomo stanco, allora, è stata la sua ultima, amara diagnosi sul mondo? Senza dubbio. Ma forse, alla luce della perdita, l’ultimo lavoro di Pesce comunica anche una confessione, un vago timore, un presentimento. Insieme alla dolorosa conferma che nemmeno l’arte e l’energia creativa, di fronte alla nostra ineluttabile finitezza, possono costituire una valida terapia.

Addio a Gaetano Pesce. Viaggio nell’opera multidisciplinare del maestro che ha rivoluzionato il mondo della creatività

Impossibile definire il suo lavoro che, in oltre 60 anni di carriera, ha abbracciato i campi del design, dell’arte e dell’architettura in modo sempre sorprendente e non convenzionale. Grazie a una visione audace e innovativa, ha creato pezzi capaci di unire funzionalità, estetica e grandi tematiche sociali. Dalla poltrona Up all’Organic Building, ecco alcuni esempi che raccontano la sua creatività senza confini.
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