Per filo e per segno, tradizione e innovazione nelle trame della textile designer Eugenia Pinna
(foto di Nelly Dietzel)
NUORO – Il suo emblema è una piccola mandorla, un seme che simboleggia l’unione tra il maschile e il femminile. Tuttavia, dietro il logo che si intreccia nelle creazioni di Eugenia Pinna, simile a un girino che si muove in uno stagno, c’è qualcosa che trascende la natura e la tradizione tessile della Sardegna. In primo luogo, perché la storia dei tappeti sull’Isola è piuttosto recente (le abitazioni erano umili e spesso ospitavano animali, rendendo difficile immaginare una copertura elegante per il pavimento). Inoltre, la designer tessile di Nule è completamente focalizzata su un livello di alta artigianalità che ha una dimensione internazionale, e il suo processo progettuale include l’uso della grafica computerizzata, prima di passare alle mani abili e alle braccia forti delle tessitrici di Nule.
Tessuti esposti come opere d’arte
Per i visitatori che, fino al 14 aprile, si troveranno a Nuoro per la mostra “Eugenia Pinna, la ricerca di una textile designer”, recentemente inaugurata nello Spazio Ilisso della casa editrice diretta da Sebastiano Congiu, sembra quasi di entrare in un padiglione di arte contemporanea. Inoltre, il fatto che il palazzo di via Brofferio 23 abbia accolto l’anno scorso una significativa antologica di Maria Lai, artista che ha trasformato il filo e il tessuto nella sua tavolozza per opere di rilevanza internazionale, come Documenta a Kassel o la Biennale di Venezia, rafforza ulteriormente questa impressione. A conferire un tocco di arte contemporanea è stato l’architetto Antonello Cuccu, che ha allestito gli spazi esponendo la maggior parte dei tappeti di Pinna alle pareti, come se fossero quadri o arazzi. Inoltre, alcuni tappeti sono arrotolati attorno a cilindri che delimitano gli ambienti, simili a colonne di un tempio sacro, o a pile di bazar orientali da Mille e una notte. La connessione che si crea tra le linee orizzontali dei tessuti e i disegni dei pavimenti ottocenteschi colloca il pubblico al centro di un abbraccio di geometrie e colori.
(foto di Nelly Dietzel)
Le trame uniche
Circa trenta opere, realizzate tra il 2019 e il 2022, costituiscono l’esposizione curata da Anty Pansera. La studiosa milanese, attraverso la mostra e il testo nel catalogo (Ilisso edizioni), accompagna il visitatore nella storia e nel linguaggio della 67enne artista/designer/artigiana. La sua scelta di dedicarsi all’arte tessile è scaturita dalla visita a Pesaro, nel lontano 1985, della mostra sulla Tessitura del Bauhaus, 1919-1939. Trame e orditi, lane e spolette non facevano parte della cultura familiare di Eugenia Pinna, che, colpita in particolare dal lavoro tessile di Gunta Stoelzl, ha deciso di dedicarsi al rinnovamento dell’arte dei tappeti. La sua Nule, come l’altro centro tessile dell’isola, Sarule, era il luogo ideale per sviluppare un linguaggio nuovo, volto a superare schemi e geometrie rigide. Inoltre, il suo rapporto con la designer e artista tessile Paola Besana (1935-2021) ha aperto la sua produzione a una prospettiva internazionale.
I grandi telai
Grazie all’evoluzione del telaio sardo, grazie all’impegno di Eugenio Tavolara, pioniere dell’alto artigianato sardo attraverso l’Enapi e L’I.s.o.l.a, Pinna guida un gruppo di tessitrici di Nule e dà vita a opere di grandi dimensioni, rese possibili dal telaio capace di ospitare sei tessitrici contemporaneamente, presente nella cittadina in provincia di Sassari. Se il disegno nasce dallo sviluppo di pattern ripetuti al computer da questa ex allieva dello Ied di Cagliari, è attraverso la collaborazione con le amanuensi di Nule che i rombi si frantumano per evocare albe e tramonti (Diamanti N1 e Diamanti G1), che le linee suggeriscono orizzonti di segni e tratteggi (come in Oplà), e che le fasce verticali (ad esempio in Chesò) richiamano le bande tradizionali delle coperte, segnando le linee della testa e dei piedi, entro le quali trattenere il corpo e i sogni.
“Chesò”, cm 244 x 182 (foto di Pierpaolo Tuveri)
I colori naturali
Le lane utilizzate da Eugenia Pinna, che presta attenzione anche all’inserimento di rafia, cotone o lino per diversificare e arricchire la varietà materica del suo ordito, sono inoltre tinti con colori naturali, frutto di studi di Farmacia condotti nella sua gioventù. «Eugenia – scrive Pansera citando Giuliana Altea – riesce così a ottenere cromatismi che spaziano dalla “ruvidezza dei grigi, alla leggerezza degli azzurri, all’intensità dei gialli saturi, delle ocre, dei senape, accostati in trame dense e vibranti di luce”».
I monocromi e i germogli
Dallo smisuratamente grande dei monocromi, come il luminoso piano uniforme di Portospino PB, all’infinitamente piccolo delle virgole che animano la bicromia di Levante V1 (tappeto scelto per il manifesto della mostra di Nuoro), si alterna la misura del lavoro di Eugenia Pinna. Come se stesse cercando non l’accordo, ma la frizione tra gli estremi. E lungo le linee del suo ordito, ecco il seme che “partorisce” fili che escono dall’ordito per muoversi sul (e oltre il) tappeto come chiome al vento o come rami di corallo rosso nel mare.