Jiang Qiong Er: “Le cose fatte con le mani sanno parlare al cuore”

Jiang Qiong Er: “Le cose fatte con le mani sanno parlare al cuore” 1

 

Dal confronto tra arte, design e artigianato emerge il segno distintivo

della creativa cinese che quest’anno presenta una nuova collezione

per . Da casa e da . E illustra il pensiero che la guida

Jiang Qiong Er è recentemente uscita dal cantiere della mostra Gardiens du temps che sta preparando per il museo Guimet di Parigi in occasione dell’anno franco-cinese del turismo culturale, anniversario di quel 1964 che ha segnato la ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Un museo dedicato all’arte asiatica che ospiterà alcune delle sue installazioni monumentali – sulla facciata, nella biblioteca, in terrazza e nella rotonda del quarto piano – e soprattutto il pensiero progettuale di Jiang, una filosofia in cui arte e design si intrecciano e si nutrono reciprocamente. «Mio nonno è stato un pittore, tra i primi a recarsi in Occidente, mio padre è l’architetto che ha progettato il museo di Shanghai, e io stessa ho iniziato a dipingere all’età di tre anni e non ho mai smesso», afferma. «Ho iniziato a studiare design a 18 anni, prima alla Tongji University, poi all’École Nationale Supérieure des arts décoratifs, e anch’esso è ancora presente nella mia vita. Ogni cosa che faccio è un dialogo tra arte e design». E poi c’è l’attenzione verso l’artigianato, o meglio ciò che la creativa cinese definisce: «L’intelligenza della mano. Una cultura del fare che è parte della storia umana. E anche una poesia, del fare, che ci avvicina all’arte. In effetti, l’artigianato è arte. Questo è il motivo per cui i marchi di lusso sono così interessati: gli oggetti creati a mano possiedono un’emozionalità superiore e offrono non solo qualità, ma anche sogni». Così i progetti di Jiang Qiong Er della nuova collezione creata per Roche Bobois si integrano armoniosamente all’interno del museo parigino, creando uno spazio di introspezione profumata tra piccole grotte con sedute da meditazione e una rete di 5mila mattoncini di tè Pu-Erh, simile allo showroom di via Cavallotti 14 a .

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Linee fluide per il divano della collezione Bamboo Mood. Rivestito con un tessuto stretch a nido d’ape, è un invito alla contemplazione e alla serenità

 

«Cerco sempre l’emozione all’interno della funzionalità. Un buon design riesce a farti battere il cuore proprio come l’innamoramento», prosegue. «E c’è poi la storia, il ritorno alla tradizione. Il bambù ha un grande significato simbolico nell’eredità culturale cinese: è flessibile, si piega al vento più forte, ma non si spezza e alla fine torna a guardare verso l’alto. Nelle sedute al museo Guimet, alcune frasi tratte da antichi poemi che ci ricordano questo mito saranno riportate sugli schienali, ma anche in tutte le grotte che decorano la facciata si rifugeranno dodici antiche divinità simbolo di altrettanti valori come la pace, il coraggio, l’uguaglianza, il rispetto della natura, la libertà e la saggezza. È un modo per vivere tra passato e futuro (le divinità sono realizzate con intelligenza artificiale, ndr) e per ricordare che solo gli oggetti capaci di evocare emozioni rimarranno nel tempo. Da questo punto di vista, far interagire design, arte e artigianato è anche un modo per rispondere all’eccessivo consumismo: se un oggetto si alla tua vita, non verrà mai scartato».

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Il paravento della collezione Bamboo Mood disegnata da Jiang Qiong Er per Roche Bobois è un mobile-scultura formato da steli che evocano bambù tagliati e trafori

 

Dietro la collezione Bamboo Mood, composta da divani, tavolini, paraventi e tappeti, si cela anche una concezione di abitare. «Se dovessi descrivere l’atmosfera delle mie abitazioni, userei la parola serenità. Apprezzo gli spazi puliti in cui si riconosce una forte presenza di tocchi di colore, opere d’arte magari, arredi curati. La cosa più importante per una casa, però, rimane la vita che la abita. Anche quella lascia un segno, “dialoga” con mobili e oggetti. C’è sempre una parte introspettiva, quasi spirituale, negli spazi che abitiamo, ed è la più rilevante».

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