Le vite parallele di Giobatta e Francesca
Francesca Interlenghi ritratta nella casa “Lo scarabeo sotto la foglia”, a Malo. Nata a Treviso nel 1973, attualmente risiede a Milano. È autrice, critica d’arte e curatrice, scrive riguardo arte contemporanea, moda e design e insegna presso Ied di Milano
Era maggio del 1964 quando nel numero 414 della rivista Domus l’architetto Gio Ponti offrì ai lettori il progetto di una casa unifamiliare a forma di scarabeo, con un tetto a foglia, interamente realizzata in ceramica. In risposta, ricevette una sola lettera: quella del geometra veneto Giobatta Meneguzzo; un visionario appassionato di arte e design, proveniente da umili origini, che l’anno seguente a Malo, nei pressi di Vicenza, iniziò la costruzione di quell’abitazione innovativa.
La casa “Lo scarabeo sotto la foglia” è composta da due piani collegati mediante una scala elicoidale rivestita in peluche: uno dedicato alla vita quotidiana e l’altro alla collezione d’arte di Giobatta Meneguzzo
Per gli interni si rivolse a un’amica: l’artista Nanda Vigo, che decorò l’intera superficie con piastrelle in ceramica bianca e mobili rivestiti di pelliccia sintetica. Oggi la storia di quell’uomo, di quella costruzione e di quegli anni è diventata un libro dal titolo Giobatta Meneguzzo. Mi sono tanto divertito. Un volume pubblicato da Allemandi e scritto da Francesca Interlenghi – autrice, critica d’arte, curatrice e docente allo Ied Milano – che in effetti contiene due biografie: quella di Giobatta Meneguzzo, che portò vivacità in quella che all’epoca era una zona desolata, e quella dell’autrice stessa.
Gli interni sono stati progettati da Nanda Vigo (1936-2020)
«Due esistenze che si rincorrono lungo il percorso dell’arte contemporanea», osserva Francesca Interlenghi. A unire i due, c’è anche la terra di origine. «Primo di nove fratelli di una famiglia molto povera, Giobatta Meneguzzo nacque nel 1928 a Priabona, una piccola frazione di Malo», racconta l’autrice. «Attualmente vivo e lavoro a Milano, ma ho le stesse radici: sono nata e cresciuta nelle vicinanze. In Veneto la sua figura è presente ovunque, ma al di fuori non è altrettanto conosciuto e questo libro gli rende giustizia», aggiunge. «Giobatta Meneguzzo era un promotore culturale. Un visionario sempre spinto da una fiamma interiore; dall’intuizione. Come quando, all’età di otto anni, vide in casa di un parente un dipinto su una tela di un ombrello rotto e fece di tutto per ottenerlo, pur non avendo alcuna conoscenza di arte. Fu la scintilla che diede inizio a tutto».
Poi ci furono gli studi da geometra portati avanti con sacrificio, i primi guadagni spesi per riviste di settore, i viaggi in Svizzera dove scoprì le strutture museali e i primi acquisti come collezionista. Fino alla costruzione della casa “Lo scarabeo sotto la foglia” e all’inaugurazione, nel ‘78, del Museo Casabianca, che ospita la più ampia collezione di grafica d’arte contemporanea degli anni Sessanta-Novanta.
L’esterno della casa “Lo scarabeo sotto la foglia”
«Scrivendo di lui ho intrecciato la mia biografia con la sua», confessa Francesca Interlenghi. «Ho rivissuto le forme e i colori del Veneto, la mia infanzia e quel mondo spoglio, con una vita contadina caratterizzata da poche certezze, tra la casa, la scuola e la chiesa come punti di riferimento. Ho rivisitato la mia formazione e i personaggi in comune con Meneguzzo, tra cui il poeta Andrea Zanzotto, suo grande amico, che veniva in classe a leggerci Filò (una raccolta di liriche in veneto). E ho riconnesso con ciò che ha forgiato la mia sensibilità, inclusi il mio legame con la moda – mio padre aveva un’azienda, poi fallita – e un certo isolamento emotivo. È stato come chiudere il cerchio di un’identità errante». Ma il libro è stato anche un’opportunità, afferma, «per cristallizzare un periodo fecondo della nostra Nazione, quello che va dagli anni Sessanta ai Novanta, e riflettere su quanto il mondo dell’arte sia mutato, perdendo il carattere partecipativo ed emozionale di un tempo e spostandosi su mercato e numeri». Mi sono tanto divertito, recita il titolo del libro citando una delle ultime frasi di Meneguzzo (scomparso nel 2021). Un divertimento che per l’autrice si realizza «attraverso la scrittura e la commedia cosmica umana: nel incontrare le persone, raccontare le loro storie e sapere di essere arricchita da frammenti delle vite altrui».