Pensioni 2026: Arrivano Fino a 62 euro in Più al Mese

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Il 2026 porterà un modesto incremento per le pensioni italiane, ma gli importi sono esigui e non saranno sufficienti a ristabilire il potere d’acquisto perso negli ultimi anni.

Il Decreto MEF ha infatti stabilito la perequazione all’1,4%, un provvedimento che coinvolge milioni di pensionati e che suscita dibattito tra le organizzazioni sindacali.

Quale sarà l’aumento delle pensioni nel 2026

Ogni anno, le pensioni vengono adeguate all’inflazione, cioè allineate al costo della vita. L’adeguamento previsto per il 2026 è pari all’1,4%: pertanto, i pensionati possono aspettarsi aumenti di tale entità.

Con un’adeguamento dell’1,4%, l’aumento mensile sarà il seguente:

  • una pensione di 1.500 euro aumenterà di 21 euro, raggiungendo 1.521 euro;
  • un assegno di 2.000 euro crescerà di 28 euro;
  • per 2.600 euro, l’incremento sarà di circa 36 euro;
  • una pensione di 3.200 euro aumenterà di circa 43 euro;
  • un assegno di 5.000 euro crescerà di poco più di 62 euro.

In aggiunta, non è previsto alcun conguaglio da recuperare nel 2026: lo 0,8% già stabilito viene confermato e diventa definitivo per tutte le pensioni.

Ciò implica che l’unico incremento riconosciuto sarà quello derivante dalla perequazione dell’1,4%.

Critiche sindacali: CGIL denuncia aumenti troppo contenuti

Le organizzazioni sindacali hanno immediatamente reagito ai dati ufficiali delle pensioni per il 2026. CGIL e UIL hanno evidenziato come tali aumenti siano insufficienti e non consentano di recuperare il potere d’acquisto eroso dall’inflazione e dall’aumento dei costi della vita.

Secondo il sindacato, per molti pensionati, specialmente quelli con assegni medio-bassi, l’aumento mensile rischia di essere quasi impercettibile e non soddisfa le esigenze quotidiane.

Proteste anche riguardo al riscatto della laurea

A questo si aggiunge la contestazione per la diminuzione di valore del riscatto della laurea per i pensionati laureati. Su questo tema, il governo ha fatto un passo indietro dopo le pressioni dei sindacati e le lamentele dei pensionati.

“Il coro di indignate in risposta all’emendamento del governo alla legge di bilancio, che avrebbe progressivamente ridotto, per il riconoscimento ai fini pensionistici, gli anni di studio universitario già onerosi riscattati, ha portato a un primo risultato: l’impegno della maggioranza a riscrivere il passaggio” ha scritto la CGIL.

La questione rimane comunque al centro del dibattito, poiché riguarda diritti previdenziali e il calcolo dell’assegno futuro per coloro che desiderano riscattare anni di studio universitario.

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