Pensione anticipata, cosa cambia tra quota 103 e quota 41 proposta dalla Lega

Pensione anticipata, cosa cambia tra quota 103 e quota 41 proposta dalla Lega 1

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– Il settore pensioni è in fermento in preparazione della redazione della , con il solito dilemma di fondo: le risorse e la sostenibilità del sistema previdenziale. Tra il vigente pensionamento anticipato flessibile di Quota 103 e la perpetua promessa leghista di Quota 41, analizziamo le caratteristiche dei due sistemi. E perché quest’ultima rimane per il momento un concetto puramente teorico.

La Quota 103, le restrizioni e le scarse richieste

Con la manovra per il 2024, l’amministrazione ha esteso la cosiddetta “pensione anticipata flessibile”, nota come Quota 103, che si ottiene sommando un’anzianità di 41 anni di contributi versati e 62 anni di età anagrafica.

Si è trattato, tuttavia, di una formula di uscita flessibile che ha riscosso pochissimo successo: i dati recentemente diffusi dai dossier previdenziali indicano infatti solo 7mila domande ricevute.

Ad influenzare la “convenienza” di questa modalità di flessibilità ci sono diversi paletti imposti sul percorso di uscita. Innanzitutto, il meccanismo delle finestre flessibili prevede che i lavoratori privati e autonomi possano accedere alla pensione sette mesi dopo il raggiungimento dei requisiti; per il pubblico il periodo diventa nove mesi; mentre il personale scolastico mantiene la data del 1° settembre. Inoltre, il ricalcolo contributivo dell’assegno. C’è anche un limite massimo all’assegno, fissato a poco meno di 2.500 euro lordi, quattro volte il minimo, fino al compimento dei 67 anni; senza contare l’impossibilità di cumularlo con redditi superiori a 5mila euro.

Le finestre influenzano anche i finanziamenti per la copertura di Quota 103, con 149 milioni di euro per il 2024 (grazie al fatto che l’estensione della finestra mobile ha portato le prime uscite ad agosto), 835 milioni nel 2025 e 355 nel 2026.

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Quota 41 rimane distante

Ogni intervento nel settore previdenziale, secondo il mantra del ministro , deve essere sostenuto dalla solidità degli equilibri finanziari. Non sorprende, quindi, che egli abbia sottolineato ripetutamente la questione demografica che grava sul futuro del nostro Paese.

Tuttavia, è proprio la il partito di governo che ha assunto l’impegno per la Quota 41, puntando da sempre a sradicare la legge Fornero. Qual è il costo? Nella relazione annuale dell’Inps del 2021, l’Istituto presentava una simulazione: 4,33 miliardi nel primo anno, quasi 6 miliardi nel secondo e poi 9,2 miliardi a regime alla fine del decennio di riferimento.

Ogni discussione sulla possibilità di uscita anticipata con il solo requisito di 41 anni di versamenti (che di per sé sarebbe gradita anche ai sindacati), parte dal presupposto che si tratti di una quota “light”, ovvero con il ricalcolo contributivo dell’assegno (e qui emerge la frattura con i sindacati).

Ciò implica un abbattimento, anche significativo, dell’assegno, nell’ordine del 15-20%, la cui accettazione da parte dei lavoratori rimane incerta, a pochi mesi dal traguardo di legge dei 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne), su cui si discute anche in termini di allungamento delle finestre.

La cautela sui conti rende quindi complesso l’inserimento di interventi di tale portata e, infine, lo stesso Salvini ha ribadito la volontà di “puntare al superamento della legge Fornero” – ma come obiettivo di legislatura – senza però tornare a discutere di Quota 41. Anche perché la misura non è gradita a Forza Italia, che si concentra sull’innalzamento delle pensioni minime e su un “passo in più” verso l’obiettivo berlusconiano dei mille euro. Gli aumenti degli ultimi due anni – 579 euro per tutti e 600 euro per gli over 75 – termineranno il 31 dicembre. E hanno comportato nel biennio quasi 650 milioni di spese. Alla fine, il problema resta sempre lo stesso: i fondi per trasformare le promesse in realtà.

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