Michele De Lucchi, quarant’anni di sperimentazione in mostra a Piacenza
retrospettive
Vista dell’installazione (foto Fausto Mazza Studio)
L’architetto, designer, artista e docente Michele De Lucchi è il protagonista della mostra a lui dedicata Michele De Lucchi. Con le mani e con la mente / Quarant’anni di sperimentazione tra arte, design e architettura. L’esposizione presenta una selezione di opere emblematiche di una lunga e variegata carriera che vivifica gli spazi espositivi di Volumnia, un progetto sostenuto da Enrica De Micheli.
L’antiquaria Enrica De Micheli, fondatrice del progetto di Volumnia, insieme a Michele De Lucchi (foto Fausto Mazza Studio)
Fino al 29 giugno, l’ex-chiesa di Sant’Agostino nel cuore di Piacenza torna a essere un luogo di culto, ma l’oggetto di venerazione è il design. Si entra in una dimensione sospesa, dove lo sguardo segue una serie di opere dopo l’altra, fermandosi su ciascuna per dedicarle la giusta attenzione. L’allestimento funziona come un flipper, con le persone che si muovono come palline tra le navate della chiesa.
(foto Fausto Mazza Studio)
La mostra, curata da Paola Nicolin, esplora i due aspetti della produzione e della vita di Michele: quello collettivo e quello individuale, quello pubblico e quello privato. Per tale motivo, le opere non sono presentate in ordine cronologico – a differenza del catalogo – poiché rappresentano la vita quotidiana di una persona, in cui i due poli si intersecano. Il percorso espositivo segue questa logica. Inizialmente, ci accolgono prototipi e pezzi storici provenienti da Produzione Privata, il laboratorio di design fondato nel 1990 da De Lucchi e Sibylle Kicherer. Si tratta di mobili, arredi e lampade realizzati da artigiani, in una collaborazione fondamentale nell’ottica dell’architetto.
«In Italia abbiamo la fortuna di lavorare ancora con gli artigiani, un aspetto che nel mondo non viene sufficientemente valorizzato», sottolinea De Lucchi, esaltando il punto di forza del design italiano. Al contrario, «quando si lavora da soli si opera con le mani e con la mente», afferma. Trova il vantaggio di poter fare errori, evitando la paralisi: sbaglia, corregge e va avanti. Da qui si sviluppa la seconda sezione della mostra, in cui lo sguardo si muove attraverso i labirintici artworks.
(foto Fausto Mazza Studio)
Composti principalmente in legno – ed eccezionalmente in pietra – i pezzi mantengono un equilibrio tra l’aspetto più puro della progettazione mentale e la praticità di lavorare con le mani. Tuttavia, questa dicotomia si fonde, distaccandosi dai processi creativi e indagando l’ispirazione. «Il vero problema è attribuire significato alle cose», afferma il designer, «la cosa più importante è lo spirito del tempo, lo zeitgeist». Il filo conduttore che unisce le tappe della carriera di Michele De Lucchi è il ruolo di interprete del mondo, «interpretare il momento in cui si vive è il modo in cui diamo significato alla nostra esistenza, ciò ci gratifica, ci rende felici», confessa. Per questo la solitudine lo spaventa «se mi isolo, perdo il contatto con il mondo, con il senso di ciò che sto facendo». La chiave per rimanere sempre connesso, secondo l’architetto, è stata quella di abbattere i confini tra le varie discipline e rifiutare le etichette.
(foto Fausto Mazza Studio)
Al centro della mostra, collocato su un altare in cima a un piedistallo, si trova un vaso in vetro soffiato, il primo di venti prodotti in edizione limitata, in un vivace colore giallo. Il sole attorno al quale orbitano le sue altre creazioni. Ma anche la concretizzazione del suo credo. Un inno alla positività. Con cui combatte il crescente pessimismo tra i giovani, di cui si dice preoccupato. Quando le situazioni che abbiamo di fronte sembrano senza via d’uscita e ci si domanda “cosa posso fare?”, la prima cosa per Michele è ritrovare l’ottimismo. «Ce la faremo», ripete. «Dobbiamo scavare dentro di noi. E la cosa bella del design, dell’architettura, dell’arte in generale è che non solo si creano ambienti e prodotti, ma soprattutto si ispirano nuovi comportamenti. Attraverso queste discipline si può mostrare un modo di vivere, di comportarsi, di agire che non avevamo mai considerato. E di essere felici. Per me è il mestiere più bello del mondo», conclude.
(foto Fausto Mazza Studio)
In modo laterale, all’interno della chiesa, a suscitare interesse è un’opera di destrutturazione di nidi realizzata dall’artista Nico Vascellari. Un’interferenza nella mostra personale per evidenziare come De Lucchi anticipi alcuni temi dell’arte contemporanea. «Michele costruisce casette, Nico Vascellari decostruisce nidi», cita Paola Nicolin, rendendo così chiara l’idea di specularità tra i lavori dei due artisti.
In collaborazione con il corso di laurea in Moda e industrie creative dell’università Iulm di Milano