Bruno Munari.Tutto: la Fondazione Magnani Rocca ci fa riscoprire la complessità del poliedrico maestro
Mostre
Bruno Munari nello studio della sua abitazione milanese nel 1994: amava molto le pose scherzose e divertite
(fotogramma)
Artista, grafico, scrittore, designer, educatore… L’Istituto della provincia di Parma presenta un’antologica dedicata al genio eclettico e sfuggente che ci ha lasciati nel 1998. Venerato e mitizzato, ma in effetti poco seguito
Venerato, ma poco ascoltato. È il destino del geniale enigma Bruno Munari. Artista, designer, grafico, scrittore di un eclettismo umanistico rinascimentale, al quale aggiungeva una particolare attenzione per i bambini: un protagonista del Novecento che elude ogni classificazione proprio per questa complessità articolata.
Bruno Munari nello studio della sua abitazione milanese nel 1994: amava molto le pose scherzose e divertite
(fotogramma)
La mostra Bruno Munari. Tutto (a partire dal 16 marzo) si propone nel titolo di raccontarci finalmente la sua completezza. «Un titolo presuntuoso, certamente», sottolinea Marco Meneguzzo, critico d’arte e curatore della mostra insieme a Stefano Roffi, «ma più che altro una provocazione. Perché Munari, oltre a essere un personaggio con mille interessi, ha lavorato per più di settant’anni, quindi c’è un’abbondanza di materiale espositivo. In mostra sono presenti oltre 250 opere».
Studio di design, collage e fotocollage su cartoncino: un’opera del 1950 (foto: Bruno Munari. Tutti i diritti riservati alla M. Corraini s.r.l)
Meneguzzo, che aveva curato con Beppe Finessi l’ultima antologica nel 2007 alla Rotonda della Besana di Milano, ha una lunga familiarità con Munari, anche a livello personale. «Mio padre lavorava da Danese, e Munari veniva a casa nostra. Quando ero bambino, spesso mi portava dei regali. Ricordo che una volta, al ritorno da un viaggio in Giappone, mi portò una trottola, che non sono mai riuscito a far funzionare. Crescendo, ho potuto apprezzare la sua disponibilità. Rispondeva sempre prontamente, se avevi un problema ti invitava subito a recarti da lui».
Forchetta parlante, 1958. Casaperlate, Fondazione Paolo MInoli, Cantù (foto: Bruno Munari. Tutti i diritti riservati alla M. Corraini s.r.l)
I bambini rappresentano un tema fondamentale nell’universo munariano. Il noto Metodo didattico (registrato dall’Associazione Bruno Munari) dimostra quanto egli considerasse seriamente sia i bambini che il gioco. «Scherzava su chi li trattava con un atteggiamento di superiorità. E lui ha voluto mantenere per tutta la vita la curiosità, la meraviglia e la freschezza inventiva dei bambini: con uno spirito ludico ma severo, guardava nelle pieghe inesplorate della storia e della produzione umana per ricavarne cose nuove e diverse grazie a un cambiamento di prospettiva. Per esempio, da una fotocopiatrice, che per definizione è seriale, ha tratto opere uniche semplicemente muovendo il foglio durante la riproduzione, oppure da un’insalata tagliata per larghezza creava un timbro a forma di rosa».
Gran bazar spaccatutto, uno studio del 1962 per il libro di Gianni Rodari Il pianeta degli alberi di Natale (foto: Bruno Munari. Tutti i diritti riservati alla M. Corraini s.r.l)
La mostra si tiene nella splendida Fondazione Magnani Rocca, a Mamiano di Traversetolo, nei pressi di Parma (la villa e la collezione permanente meritano di per sé una visita). «Ho dovuto affrontare la sfida di esporre in quei saloni monumentali opere che in molti casi avrebbero potuto stare in tasca, ma la mostra riflette i numerosi ambiti in cui Munari si è mosso. Ci sono anche alcuni inediti, come Buccia di Eva, un quadro del periodo futurista, datato 1929-1930, riemerso pochi mesi fa in un’asta, o la poco conosciuta stazione meteorologica di Rende».
Buccia di Eva, dipinta tra il 1929 e il 1930, una tempera su tela appartenente al periodo futurista di Munari (foto: Bruno Munari. Tutti i diritti riservati alla M. Corraini s.r.l)
Il dipinto, stimato tra 60 e 80mila euro, è stato venduto a 140mila, a evidenziare l’importante attenzione che negli ultimi anni si è sviluppata attorno a Munari, oramai inserito nell’empireo dei grandi del design e considerato un artista di notevole spessore. «Anche se», osserva Meneguzzo, «la sua grandezza è celebrata, ma poco seguita». A partire dalla proverbiale ironia, talvolta accompagnata da una polemica implicita nei confronti dello spirito puramente utilitaristico del mondo della produzione. Ironia che sapeva dar vita a oggetti di design “ostruttivo” come la “Sedia per visite brevissime Singer”, progettata nel 1945 per Zanotta, di cui scrive Paolo Antonello in uno dei testi del catalogo, fino alla leggerezza, sia letterale che metaforica, alla quale si dedicava con tenace rigore. «Munari viaggiava leggero, per esempio costituiva i suoi team direttamente sul posto; mi spiegava: tu puoi avere il team migliore del mondo, ma se ti devi occupare, per dire, di tessuti, il tuo team, per quanto concettualmente preparato, non potrà superare chi lavora con i tessuti da anni e anni».
Studi per poltrone, una tecnica mista a collage su carta del 1965 (foto: Bruno Munari. Tutti i diritti riservati alla M. Corraini s.r.l)
La mostra mira a descrivere la complessa galassia munariana «evitando un approccio tipologico per preferire quello attitudinale, combinando grafica, arte, design, opere per bambini». Questo approccio è già evidente dai titoli delle sezioni, ad esempio “Essere nel tempo”, “Dalle due alle tre, alle quattro dimensioni” o “Sperimentare il limite”. Nel catalogo, numerosi testi approfondiscono liberamente aspetti molto specifici, munariamente ignorando qualsiasi pretesa di esaustività, con la tacita consapevolezza che sarebbe un compito impossibile.